Il Comitato dei cittadini del No all’Inceneritore del mela rispondono alle tesi sullo sviluppo del territorio proposto dai sindacati. E’ un attacco duro e frontale: “Duole constatare ancora una volta come alcuni esponenti sindacali locali siano così arroccati nella difesa di interessi corporativistici, soprattutto quando coincidono con gli interessi padronali, da essere sempre più distanti dalle esigenze e le aspirazioni della comunità locale. Probabilmente lor signori non sanno o fingono di non sapere dell’esistenza di vari studi e dossier che indicano come i problemi ambientali e i rischi per la popolazione connessi all’industria pesante siano rilevanti. Criticità così evidenti da essere state riconosciute dalle istituzioni regionali e nazionali, che nel nostro comprensorio hanno istituito il SIN – Sito di Interesse Nazionale per le bonifiche – e l’Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale (AERCA). Il fatto che poi le istituzioni abbiano abbandonato a se stesso il nostro territorio è un altro paio di maniche. Inoltre le industrie pesanti contrastano con le naturali vocazioni del territorio, costituendo fattori di degrado paesaggistico del tutto fuori luogo per l’incantevole golfo di Milazzo e lesivi di potenzialità economiche non indifferenti. Non siamo noi a dirlo ma è il vigente Piano Paesaggistico a metterlo esplicitamente nero su bianco. Rilevanti sono quindi anche i danni economici ed occupazionali che le industrie hanno comportato nel lungo termine. La nostra è una zona ricca di risorse naturali, culturali e paesaggistiche, su cui altrove avrebbero costruito una fortuna. Invece i nostri giovani devono fare i conti con la disoccupazione e molti sono costretti ad andarsene. Tutti gli economisti più seri sono concordi nel sostenere che i migliori risultati economici si ottengono sviluppando le potenzialità del territorio, non con attività calate dall’alto senza alcun riguardo per le vocazioni territoriali, come purtroppo è avvenuto nella Valle del Mela ed in molte altre zone del meridione. Ritenere ancora oggi che il futuro dello sviluppo del nostro comprensorio si debba imperniare sull’industria, come fanno questi esponenti della CISL, significa avere una visione fuori dal tempo e dallo spazio. Una visione più adatta al terzo mondo che alla società post-industriale verso cui l’europa intera si è ormai avviata”.
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