Gesù è risorto al suono delle campane festose e dell’Alleluia di Hendel, nella chiesa di San Domenico di Saponara Marittima; quando, nella Veglia Pasquale, celebrata dal parroco p. Nino Cavallaro, la penombra dell’unica luce del nuovo cero, in un istante, ha lasciato il posto ad una intensa illuminazione, che ha svelato l’altare adornato dagli armoniosi fiori del Giovedì Santo, ed i volti dei numerosi fedeli, dei quali prima se ne percepiva solo la presenza.
Tanti i simboli nella liturgia pasquale, richiamanti il ‘passaggio’ dalle tenebre alla luce e dalla morte alla vita, voluti per aiutare la comprensione delle Letture, sui quali i cristiani sono chiamati a soffermarsi per cogliere appieno il significato della loro festa principale.
Tutto è avviene la domenica seguente il primo plenilunio di primavera (che cadrà sempre tra il 22 marzo e il 25 aprile), quando il cielo buio della Quaresima viene rischiarato da tutta la incantevole luce che la luna è capace di riflettere, segno del risveglio della natura e della ‘risurrezione dell’umanità’.
Cristo è inizio e fine, Alfa e Omega, è stato celebrato con riferimento alla luce del cero appena acceso dal fuoco benedetto, che qualche attimo dopo, portato dal celebrante e preceduto dal diacono ed una schiera di ministranti, avrebbe illuminato le tenebre della silenziosa chiesa, già indicando il senso di tutta la liturgia della notte, che vede nell’Amore perfetto l’origine e la meta del creato.
E proprio sulla capacità di raggiungere l’accennata ‘destinazione’, implicante il senso della salvezza, che la Pasqua porta i fedeli a meditare, nella consapevolezza che essa non sia un luogo, ma lo stato di avvicinamento a Dio, raggiungibile con l’obbedienza.
‘Obbedienza’ a cui ha fatto riferimento la lettura del ‘Sacrificio di Isacco’ (Genesi 22,1-18) e sulla quale si è soffermato il celebrante all’omelia, spiegando, e nello stesso tempo confortando, che deve intendersi come abbandono fiducioso a Dio, in modo che sia fatta in noi la sua volontà; e fare la volontà del Signore non significa altro che amare come Gesù ci ha insegnato.
Quindi, una volontà da non leggere nella storia (a volte difficile da comprendere come riconducibile a Dio), ma nella direzione data sin dal principio al creato, da accogliere con fiducia per diventare un tutt’uno con Lui; già da ora, spezzando le catene (come accennato col canto di Frisina ‘Sono risorto’) che ci tengono legati al nostro egoismo e, come una pietra sepolcrale, ostacolano l’ingresso della Luce, cioè dell’Amore, nella nostra vita.
Pietra che per primo Gesù ha rovesciato per noi – ha detto p. Nino -, indicandoci la strada per poter risorgere con Lui, attraverso tutta la sua vita e la sua morte in croce, segno appunto di totale fiducioso abbandono a Dio.
L’ordine e la bellezza della chiesa, le note del magnifico organo Tamburini, magistralmente suonato da Giorgio Midiri, e le armoniose voci del coro, rese sublimi dai canti del giorno, diretti da Matteo Lipari, hanno avvicinato i fedeli a Dio, facendo pregustare loro, devotamente raccolti in preghiera, la risurrezione.