Sullo sfondo della “Primavera di Melfi”, con un copione a tratti caustico, al centro dello spettacolo teatrale, per tutta la sua durata, la condizione della classe operaia, che, dopo le difficili conquiste degli anni passati, sembra perdere sempre più terreno in termini di stabilità e potere d’acquisto, e deve fare i conti con la insufficiente sicurezza sui luoghi di lavoro.
Ci ha messo molto di esperienza personale il melfitano Gianpiero Francese nella sua opera “Il turno di notte”, da egli stesso diretta, andata in scena sabato al Teatro Annibale di Francia di Messina, con la quale ha portato il pubblico a riflettere sulla necessità di correggere il sistema industriale, dato che la società sta vivendo – ha detto in un’intervista – “un momento pericoloso per la classe operaia”.
Ambientato proprio nella fabbrica di Melfi, gli operai Teo (Giuseppe Centola), Lena (Simona Ianigro), Leonardo (Dino Paradiso), Nino (Giusepoe Ranoia), Lucia (Manola Rotunno) e Rocco (Erminio Truncellito) si sono energicamente contrapposti alla arroganza irritante di un dirigente francese dello stabilimento (Gabriele Grano), dando vita ad uno spettacolo impegnato nella difesa della dignità degli operai, che ha trovato la sintesi nelle citazioni di Fabrizio De Andrè ed Henry Ford, dopo le esplicite aspre critiche delle organizzazioni sindacali di oggi che “a stento riescono a dare un senso alla loro esistenza”.
I dialoghi dei personaggi su una fabbrica dalle attualissime incertezze del posto e ritmi lavorativi sempre più veloci hanno sfiorato temi etici e filosofici, quando al processo produttivo è stata associata la “felicità” dei lavoratori, che non può che discendere – è stato detto nel serissimo monologo di Rocco – dal sufficiente tempo libero da dedicare alla famiglia, ai propri interessi e anche all’ozio.
Lo spettacolo, in modo per quanto possibile divertente, ha richiamato alla memoria, in un momento di precarietà sempre più attuale, la primavera del 2004, precisamente la data del 9 maggio, quando dopo la partecipatissima manifestazione a Roma dei lavoratori di Melfi, si concluse quella che forse si può definire l’ultima vera lotta sindacale, con la cancellazione dal lavoro in fabbrica della “doppia battuta”, consistente nell’insostenibile ripetizione del turno di notte – e da questo il titolo – per dodici giorni consecutivi, evocativa, sotto quell’aspetto, della condizione operaia del XIX secolo.