Condividi:

Nella splendida cornice di Rovigo, lo scorso sabato 21 dicembre, si è tenuta la cerimonia di premiazione della II Edizione del Premio Chiara Grillo, un riconoscimento prestigioso dedicato alla letteratura di qualità. Quest’anno, tra i premiati è risultata anche Franzina Bilardo – come Premio Opera Prima – con il suo romanzo “Il viaggio della semina”. A consegnare il Premio è stato il professor Lino Segantin, direttore del periodico Ventaglio Novanta, mentre la giuria, presieduta dalla giornalista, scrittrice e critica letteraria, Angioletta Masiero ha elogiato l’opera per la sua profondità narrativa e il messaggio universale di etica e solidarietà.

Il “Viaggio della semina” non è solo un libro, ma un invito a riflettere sui valori essenziali della vita, come ha sottolineato l’autrice durante l’ultima presentazione a Catania. Attraverso la storia di Anna, una donna in carriera che intraprende un viaggio fisico e interiore, il romanzo narra la trasformazione della protagonista che, da una vita fatta di convenzioni e apparenze, si apre a un’esistenza più consapevole e rivolta agli altri. Consuelo Consoli, durante la presentazione già citata e svolta a Catania, ha definito il libro “un fiume in piena”, evidenziando come il viaggio, sia reale che simbolico, trasformerà Anna, portandola a riscoprire il valore dei rapporti umani e la bellezza della solidarietà. Importanti i riferimenti all’Unitalsi, che organizza i pellegrinaggi a Lourdes, alle Missionarie della Carità e all’esperienza vissuta dalla protagonista a Calcutta, a fianco di Madre Teresa.

Il Premio e la motivazione

La giuria del Premio Chiara Grillo ha riconosciuto il valore di questa opera sottolineando la capacità dell’autrice di emozionare e coinvolgere i lettori. Nella Motivazione, il libro di Franzina Bilardo, viene testualmente definito come un romanzo che: “Emoziona, coinvolge, appassiona e commuove. Una storia che non si dimentica”.

Intervista a Franzina Bilardo

Qual è stata l’ispirazione principale per scrivere “Il viaggio della semina”?

La voglia di raccontare una storia vera, positiva, che tra l’altro mi auguro possa aiutare a far comprendere l’importanza della diffusione della “cultura del bene”, oggi più che mai, in un mondo che purtroppo rischia di andare alla deriva verso l’isolamento sociale, l’indifferenza nei confronti degli altri, la perdita di consapevolezza di alcuni valori fondamentali come quelli della resilienza, della solidarietà, della filantropia e dei rapporti umani. È davvero triste ricevere costantemente messaggi e comunicazioni di massa negativi. Una volta tanto, ritengo giusto parlare di storie e sentimenti costruttivi, che ovviamente dovrebbero essere vissuti non solo a Lourdes o a Calcutta, ma anche nella nostra vita di tutti i giorni. Il mondo è pieno di persone fragili, malate, creature a cui tutti noi dovremmo tendere una mano, una semplice carezza, un aiuto concreto non necessariamente monetario.

Il viaggio della protagonista riflette un cambiamento profondo. Può svelarci qualcosa in più? Secondo lei, bisogna sempre considerare la consapevolezza un pregio?

Assolutamente sì. La vita di tutti noi, che ci piaccia o no, è fatta di esperienze belle e brutte, di gioie e dolori, di cambiamenti esterni ed interiori. È un flusso in continua evoluzione, un vissuto di cui però è importante, almeno mio avviso, setacciare gli elementi positivi e farli diventare timoniere di nuovi o rinnovati percorsi di vita, all’insegna di sentimenti buoni, come l’amore per il prossimo, l’amicizia, la speranza, tutti quelli che assai spesso dimentichiamo di avere attorno a noi e dentro di noi.

Quali messaggi spera che i lettori possano trarre dalla lettura del libro o quale emozione o sensazione vorrebbe che ricordassero?

A me non piacciono i libri che vogliono lanciare “messaggi”, di qualunque tipo essi siano. Sono i contenuti di un libro e le relative storie che – al massimo – possono fare riflettere. Ciò che invece considero importante, in uno scritto, è la capacità di suscitare nel lettore delle “emozioni”. Questo sì. E qui mi considero pienamente crociana. Un prodotto della scrittura non deve essere un manifesto, un portatore di morale, uno specchio narcisistico, ma solo e semplicemente una trasmissione comunicativa che riesce a trasmettere sensazioni di piacere dell’anima. Come un bel quadro o una bella musica. La lettura di un libro dovrebbe essere una sorta di ricreazione dell’anima e della mente. Se poi l’emozione produce anche riflessioni, tanto meglio….

Com’è stata l’esperienza del Premio a Rovigo?

Bellissima, un’esperienza indimenticabile. “Il viaggio della semina” è il mio romanzo di esordio nel mondo della narrativa, è stato pubblicato appena due mesi fa, ricevere subito un premio così importante è stata una gioia immensa. A Rovigo, peraltro, ho avuto modo di conoscere Angioletta Masiero – la Presidente di Giuria – che è una persona meravigliosa, di profonda cultura e sensibilità artistica, ed è anche una donna dolcissima. Non è casuale che sia così vicina al mondo della poesia e della prosa. È una di quelle persone che ti colpiscono subito perché si portano dietro uno straordinario fascino dell’anima.

Con la vittoria del Premio Chiara Grillo, “Il viaggio della semina” si conferma una delle opere più significative nel panorama letterario contemporaneo, capace di lasciare un segno indelebile nei lettori e di ispirare riflessioni profonde sui valori della vita.