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Il forte ed accorato appello di un negoziante che da oltre 20 anni possiede una attività a Messina, che attraverso una lettera aperta alle Istituzioni e alla città, denuncia la grave situazione economica che sta attraversando la cittadina: “un momento critico che gli articoli pubblicati nel corso delle ultime settimane dagli organi locali hanno ben messo in luce”.

“La crisi era prevedibile, e sebbene possano esserci cause secondarie, – si legge nella missiva del negoziante – come la gestione degli spazi urbani in città, già oggetto di polemiche negli ultimi mesi, il problema principale non è di certo locale. Non è un caso se, come scriveva qualche giorno fa Il Sole 24 Ore, solo negli ultimi 5 anni abbiano chiuso in Italia circa 59.000 attività manifatturiere e artigiane. In totale, dal Covid, sono saltate oltre 140.000 aziende.
In passato, attraverso l’associazione Le Vetrine di via Garibaldi, di cui mi onoro di essere stato presidente, abbiamo cercato di accendere i riflettori su questi problemi. Finanche con la provocazione di utilizzare una moneta alternativa da spendere nei negozi degli associati. Non avevamo la presunzione di cambiare il sistema: volevamo solo lanciare un grido d’aiuto già nel 2016.

È ormai abitudine comune puntare il dito per trovare colpevoli nella giunta comunale o nella politica regionale, ma la realtà è che il vero nemico è un sistema fiscale sbagliato e inefficiente che mette in crisi soprattutto le pmi. La pressione fiscale in Italia è un peso insostenibile per chi ha un’attività: troppo spesso, l’unica prospettiva è quella di accumulare debiti e cartelle esattoriali, in un circolo vizioso che scoraggia chi cerca di creare valore e offrire lavoro, assumendo anche messinesi.

Questa situazione ha conseguenze devastanti soprattutto per i giovani. Chi ha talento e ambizione spesso si ritrova a fare scelte difficili, come quella di lavorare in nero, dove si guadagna di più senza subire il salasso delle tasse, oppure andando via perché vittima di salari non all’altezza.

La domanda, dunque, è: cosa si può fare? È difficile non cadere nel pessimismo. Molti si sono già rassegnati, credendo che non ci sia nulla da fare. Eppure, una soluzione radicale potrebbe esistere: azzerare le cartelle esattoriali con una sorta di amnistia fiscale e introdurre un sistema più equo, dove si paghi un’imposta fissa del 10% sull’incasso. Questo permetterebbe di ridare respiro a chi investe su sé stesso e sulle proprie attività, stimolando l’economia e incentivando il lavoro regolare.

Naturalmente, una revisione del sistema richiederebbe tempo, energia e la volontà politica di cambiare davvero le cose. Ma finché continueremo a parlare senza agire, non faremo che perdere tempo prezioso, lasciando che l’Italia affondi ulteriormente in un sistema che non premia chi lavora e produce.

Messina, come il resto del Paese, merita però un futuro migliore. Ma quel futuro passa necessariamente da riforme strutturali che rendano il sistema economico più giusto, sostenibile e incentivante per tutti. Per evitare che la città continui a svuotarsi dei propri abitanti. Per far sì che questo, in futuro, possa essere un luogo dal quale i nostri figli non debbano più fuggire via.”