Il “Concordato preventivo biennale” è un’opportunità o un rischio per le imprese? Questo il tema dell’interessante dibattito svoltosi ieri mattina al Dipartimento di Economia dell’Università di Messina, con il prof. Mauro Beghin, Ordinario di Diritto Tributario dell’Università di Padova.
L’evento, collocato nell’ambito del corso di Lezioni di Diritto Tributario dell’impresa del Prof. Francesco De Domenico, nel Corso di laurea Magistrale in “Consulenza e Professioni”, ha visto la partecipazione del presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti di Messina, Francesco Vito, e di numerosi studenti e professionisti.
Con la sua introduzione dei lavori, De Domenico ha evidenziato l’attualità dell’argomento, alla luce della recente proroga al 12 dicembre, che obbligherà le piccole e medie imprese ed i professionisti a decidere rapidamente se aderire o meno al Concordato.
Mentre, nella relazione principale, il prof. Beghin ha trattato delle problematiche giuridiche sottese all’introduzione di questo nuovo strumento, che, previsto per “razionalizzare gli obblighi dichiarativi e favorire l’adempimento spontaneo”, rischia di non godere di particolare gradimento da parte dei destinatari.
Questo sia perché – a detta dello studioso – un eventuale accertamento per il 2023 (annualità non coperta dall’istituto) comprometterebbe l’intero concordato sia per il fatto che il contribuente si vedrebbe impegnato a dichiarare, in modo aleatorio, anche in futuro redditi crescenti, secondo una forma di “catastizzazione dei redditi”.
Tale ultimo aspetto – secondo il professore padovano – creerebbe anche una questione di costituzionalità della norma, atteso che appare evidente come l’oggetto della tassazione sia svincolato dal calcolo del reddito secondo le risultanze di una contabilità basata sulla contrapposizione di ricavi e costi.
Con l’intervento di Giuseppe Ingrao, ordinario del medesimo Dipartimento, si è invece posto l’accento sulla sicura convenienza del regime di “adempimento collaborativo” (c.d. Compliance), che potrebbe rappresentare una vera e propria sfida culturale per le imprese, con l’assunzione di un atteggiamento finalizzato, più che alla mera minimizzazione delle imposte da pagare, alla prevenzione del rischio, anche reputazionale, considerato che i maggiori costi sostenuti dalle aziende per la predisposizione di un controllo interno del rischio fiscale, verrebbero compensati dalle premialità in termini di riduzione dei termini di decadenza dell’accertamento tributario.
(nella foto da sx De Domenico, Beghin e Ingrao)