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Sabato 7 ottobre 2023 alle ore 16,30 la casa circondariale di Barcellona Pozzo di Gotto, ex Ospedale psichiatrico giudiziario, in collaborazione con la rubrica culturale “Sicilia Mater”, apre uno spazio letterario all’interno dell’istituto con la presentazione del libro “Tutte le cose che ho perso” di Katya Maugeri, Edizioni Villaggio Maori.

Previsti gli interventi della Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Messina Francesca Arrigo e della direttrice della Casa Circondariale di Barcellona P.G. Romina Taiani.
Dialogano con l’autrice Maria Andaloro ideatrice della campagna “Posto Occupato” e Salvo Presti curatore di Sicilia Mater. Le letture sono affidate alla voce di Valeria Di Brisco.
L’evento è realizzato in collaborazione con il Cpia – Miur (Centro Provinciale Istruzione degli Adulti) di Messina, le scuole in servizio presso l’Istituto penitenziario, il Soroptimist sezione
Spadafora Gallo Niceto, l’Associazione di volontariato Acisjf Terra solidale, le associazioni culturali L’Albero delle carrube” e “Sicilia Fantastica”.

Il volume di Katya Maugeri racconta storie di donne dietro le sbarre. Le donne detenute rappresentano appena il 4 per cento dell’intera popolazione carceraria e forse è per questo che se ne parla poco, emarginate fra gli emarginati. Alle carcerate Katya Maugeri prova a dare voce, lasciandole parlare delle paure, della tristezza, dei rimpianti, del «non tempo».
«Un non tempo – scrive l’autrice – che ti costringe a contare le mattonelle della cella, a introdurre riti scaramantici e abitudini che non appartengono a un tempo definito, scandito da ore. Sono lancette che ruotano in senso contrario, bizzarro, difficile da comprendere per noi, esseri umani liberi, che viviamo una quotidianità lontano dalle restrizioni».
In questo libro le donne intervistate non hanno nomi, ma numeri: il numero della loro cella. Celle all’uscita delle quali, però, «si sono sentite libere di esprimere la loro testimonianza con lo scopo di raccontare quello spaccato di società che non sempre viene messo in luce» e si sono raccontate senza farsi sconti, ammettendo «gli errori commessi con la consapevolezza lucida di farlo». Parlano da fuori, queste donne, e sono felici di essere fuori, ma continuano a sentire il rumore delle sbarre, consapevoli di averle costruite con le loro scelte.