Nella serata di sabato 20 luglio 2024 si è tenuto a Barcellona Pozzo di Gotto l’evento dal significativo titolo “MUTU”, curato da Nino Abbate con la collaborazione di Salva Mostaccio, Gianluca Abbate e della storica dell’arte Valentina Certo.
Dopo l’omaggio a Carla Accardi, nel centenario della sua nascita tenuto nel mese di Maggio, il Museo Epicentro dedica questa manifestazione alla Performance Multidisciplinare “MUTU” che vede la partecipazione di artisti, poeti, fotografi e scrittori che hanno realizzato delle opere uniche tra installazione, pittura, scultura, scrittura e fotografia per la libertà della parola, contro ogni forma di oppressione e verità distorte, infatti se nessuno parla le cose non cambieranno mai. Sarebbe come se tutto andasse bene. Purtroppo non è così. “Mutu” è una tematica attuale nella società contemporanea mondiale sovrastata da guerre, ingiustizie e da ogni forma di oppressione nei confronti delle persone che ne pagano le conseguenze, dovute ad una mancanza di dialogo.
La manifestazione MUTU si è quindi tenuta in diversi luoghi di Epicentro: dopo la visita degli spazi espostivi e del Giardino di Salva, ci si è spostati nel Giardino del Museoed infine ecco una visita anche nello Studio d’Arte. In apertura presso il Giardino dell’Epicentro di Gala, ha preso la parola l’artista e fondatore del Museo stesso Nino Abbate, il quale ha ringraziato i presenti ed i rappresentanti della stampa Francesca Romeo, Alfredo Anselmo, Cristina Saia, Giuseppe Puliafito, Valentina Di Salvo, Antonella Saia. Ovviamente non potevano mancare anche le parole di affetto del padrone di casa nei confronti di Valentina Certo, Storica dell’arte e collaboratrice del Museo Epicentro, di Salva Mostaccio, per la collaborazione nel portare avanti le idee a beneficio dell’arte contemporanea e della cultura, di Gianluca Abbate per il supporto nell’organizzazione e per il suo impegno a testimoniare gli eventi con le fotografie.
Abbate ha poi parlato di Wangari Muta Maathai, una biologa, e attivista politica keniota, nota come la “signora degli alberi”, voce simbolo della lotta per la pace. Le sue parole nel retro-copertina del libro “Muto” fanno riflettere: “Mi hanno sepolta ma quello che non sapevano è che io sono un seme”
“Noi questa sera in questo giardino del Museo Epicentro siamo tanti semi, è nessuno ci può impedire di germogliare” ha esclamato il Direttore di Epicentro.
Wangari Muta Maathai Nacque a Nyeri (Kenya) nel 1940, quando il Kenya era una colonia inglese le figlie dei contadini non andavano a scuola. Un fratello di Wangari convinse però la madre a lasciare che lei frequentasse. Dopo il diploma e grazie a borse di studio conseguì la laurea. Durante la giornata mondiale per l’ambiente del 1977, con altre donne piantò sette alberi in un parco appena fuori dalla capitale keniota: questi alberi formarono la prima “cintura verde”. A partire dagli anni ’80 Maathai promosse una forte campagna di sensibilizzazione verso i problemi ambientali, facendo piantare in Kenya e in altri Paesi africani più di 30 milioni di alberi.
Il suo interesse si allargò poi ai diritti umani, in particolare di donne e bambini, e alla lotta per la democrazia e per una società multietnica. La sua azione contribuì a sollevare l’attenzione nazionale e internazionale sull’oppressione politica in Kenya. Per la sua critica alla corruzione del regime keniota fu picchiata, diffamata e più volte imprigionata. Nel 2004, gli è stato assegnato il Premio Nobel per la pace, per “il suo contributo allo sviluppo sostenibile, alla democrazia e alla pace”. Nel 2006 pubblicò la sua autobiografia,(nella traduzione italiana, scrive: Solo il vento mi piegherà). Malata, morì a Nairobi il 25 settembre 2011.
Fra i tanti ringraziamenti di Nino Abbate anche quello, dovuto, a tutti coloro che hanno assicurato un contributo artistico all’evento e che, nella gran parte sono affermati a livello nazionale nei rispettivi linguaggi espressivi con la partecipazione a grandi eventi come la Biennale Internazionale d’Arte di Venezia e alla Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma: Luca Abbate, Calogero Barba, Alessio Barchitta, Enzo Buscemi, Simone Cardullo, Gino Caruso, Rita Casdia, Valentina Certo, Antonio Cilona, Giuliano Collina, Dario De Pasquale, Salvatore De Pasquale, Valentina Di Salvo, Sebastiano Favitta, Michela Fragale, Giuditta R, Gruppo Sinestetico Giovanni Iudice, Felicia Lo Cicero, Elsa Mezzano, Maria Morganti Privitera, Salva Mostaccio, Filippo Panseca, Alessandro Pediti, Paolo Puglia, Giuseppina Riggi, Marco Nereo Rotelli, Valeria Sangiorgi, Enzo Sciavolino, Filippo Scimeca, Rosy Trapa, Katia Trifirò, Andrea Volo, Patrizia Zangla.
La Prof.ssa Zangla è intervenuta con un interessante suo scritto “E se il bello non è riconosciuto?”. Questione di Filosofia Morale, Filosofia Politica e Semantica per imparare la preziosa pratica dell’ipocrisia virtuosa, base della vera democrazia – in cui ho invertito le prospettive conformistiche: “Nell’epoca dei social, il Paese Italia ha portato ‘il bar nel Web’, non ci sono filtri, tutti -come ben osservato da Umberto Eco- vogliono dire, pensando che il loro dire valga quanto quello di qualsiasi altro, ‘uno vale uno’, così, c’è chi si sente uguale allo scienziato, chi all’intellettuale, chi al docente, chi al medico, chi all’artista e così via, è il fenomeno che pone proprio l’opinione della maggioranza -miscellanea di singole opinioni, orali e scritte, in buona o in malafede- come un potere dispotico. Nella prassi significa: ‘io posso dire tutto, perché c’è libertà di dire’, perché rappresento un’autorità indiscussa, posso ferire, offendere, disconoscere saperi, temi specialistici, e disconoscere tutto in sé. Posso dunque esagerare perché mi sento legittimato a farlo senza avvertire il disagio dei molti altri. Molti politici -specie quelli governativi, forse in virtù del loro passato totalitario- adoperano questa cattiva pratica. È l’estremizzazione del fenomeno che ha centralizzato l’individuo marginalizzando il collettivo, quel collettivo che solo apparentemente trova rappresentanza nel Web. Kant ricordava che violando una persona si viola l’intera umanità, intendendo suggerire di fare lo sforzo, lo streben, nella pratica di trascendere da sé, ossia di trascendere dalle proprie appartenenze e rispettare l’altro come si vorrebbe venir rispettati […].
Valentina Certo si è quindi soffermata anche lei sul significato più profondo di MUTU: un incontro, al Museo Epicentro, di artisti liberi, che hanno la voglia e il desiderio di condividere saperi, conoscenze, talento ed esperienze artistiche. Ogni artista partecipante a MUTU si esprime liberamente e attraverso vari linguaggi: poesia, letteratura, pittura, scultura, installazione. Sono tutte testimonianze unite da un autentico fil rouge che segue il concetto della creazione e del pensiero libero.
Gli artisti di MUTU: A Mutu partecipano anche i fondatori del Museo Epicentro: Nino Abbate e Salva Mostaccio. La coppia Mostaccio – Abbate è indissolubile nell’arte e nella vita. Le loro personalità si completano insieme, così come la ricerca artistica che, parte da comuni intenti, per differenziarsi, facendo emergere visioni opposte ma sostanzialmente complementari. Nino e Salva hanno creato e fortemente voluto il Museo Epicentro, testimonianza assoluta di dedizione al lavoro e alla pratica artistica, attenzione al territorio e lungimiranza artistica. I due, infatti, negli anni hanno raccolto testimonianze artistica, soprattutto mattonelle in ceramica, (ma anche installazioni, fotografie, quadri) che raccontano l’arte contemporanea dal Secondo dopoguerra a oggi.
Nino Abbate offre il suo contributo a Mutu, quale ideatore, con l’installazione “La Trinacria ammutolita sotto il peso della sua materia”, in pietra arenaria, marmo, ossidiana, lettere cromate e ferro. Un’installazione multimaterica che racconta la Sicilia in maniera dissacrante e provocatoria.
Salva Mostaccio presenta “La gabbia”, un’installazione composta da una mattonella in cotto di cm 30×30, in cui campeggia la parola MUTU, realizzata con colori acrilici, e inserita all’interno di una gabbia. Collettaneo all’opera è un testo che riflette sul silenzio e sull’importanza della parola come mezzo di espressione ed emancipazione.
Il fotografo d’arte Gianluca Abbate, figlio dei fondatori del Museo Epicentro, con il suo scatto, dal titolo evocativo “MUTU”, coglie un istante inedito e fugace del padre Nino, immerso nei suoi pensieri e meditativo. Tanti altri artisti, pensatori, letterati, professori, esponenti del mondo della cultura, hanno risposto al richiamo del Museo Epicentro.
Opera originale e significativa è quella che l’artista Giovanni Iudice ha realizzato per l’evento Mutu e per il fondatore del Museo Epicentro, Nino Abbate. Si tratta di un carboncino su carta di cm 26×30 dove, con tratti decisi e delicati, in maniera sapiente, Iudice realizza il ritratto di Nino, lasciando la dedica “A Nino, Mutu!”. Opera manifesto di questa variegata esposizione d’arte, vuole essere un omaggio di un grande artista a un mecenate libero che si è sempre speso per l’arte in maniera disinteressata.
Calogero Barba dipinge un acrilico su tavola di 30×30 cm. “Io parlo non sono mutu”, dai colori luminosi che ricordano il mare Mediterraneo. In una distesa blu cangiante, campeggia un pesce che, a differenza degli altri, riesce a parlare, ad esprimere se stesso.
Alessio Barchitta crea per Mutu un’opera in gesso e sabbia dell’Etna, di cm 32x24x18, facente parte di una seria di calchi che riproducono, con svariati materiali, la testa dell’artista. In questo caso “Alcun colore preferito” ci porta al mondo interiore dell’artista, ci porta ad un luogo specifico che ha segnato il suo vissuto.
Rita Casdia con DOOM, stampa UV – still frame da video animazione digitale, di cm 35×50, denuncia quello che può succedere in una società che rimane muta davanti le ingiustizie. Nell’immagine ci sono cinque persone in ombra che non hanno più una loro testa ma delle teste a forma di nuvole nere.
Enzo Buscemi partecipa alla performance con un testo, dal titolo Epicentro, che, come in un diario personale, delinea ricordi di vita vissuta e l’importanza che questo magico luogo ricopre nella vita e nella memoria collettiva.
Altro testo è quello di Gino Caruso: “E’ la cultura che grida”. Parole lucide che raccontano la forza dell’arte, in un viaggio che dai graffiti delle caverne preistoriche conduce alla Medusa di Caravaggio, passando dalla Giuditta che tagli la testa a Oloferne di Artemisia Gentileschi, al Guernica di Picasso, fino alle testimonianze di Emilio Isgrò e Banksy.
Il testo “L’arte del silenzio” di Rosy Trapa si sofferma sulla libertà dell’arte e dell’artista. “L’arte non sta mai in silenzio”.
Mutu è il titolo di due mattonelle in ceramica di Simone Cardullo, cm 30×30. In una è raffigurato un “mutu”, termine in lingua siciliana che identifica un imbuto; nell’altra mattonella è incisa una poesia in siciliano, che richiama l’importanza di “mutu”, quale simbologia di libertà.
Altro componimento in siciliano è “U Museu Epicentru” di Maria Morganti Privitera, versi dal forte impatto letterario che illustrano l’impegno di Nino Abbate e la bellezza del Museo Epicentro ed il legame indissolubile che questo luogo ha con la poetessa.
Un racconto emozionante, ricco di sfaccettature, colori, sensazioni palpabili è “Resistenza di un piccolo angolo di mondo” di Valentina M. Di Salvo. La scrittrice racconta, con parole delicate e nostalgiche, la bellezza del Museo Epicentro e la sua vocazione non solo artistica ma anche alla resistenza della bellezza.
“Mutu! Breve storia di un silenzio che scuote le menti” di Dario De Pasquale, si sofferma sul silenzio nell’arte visto come qualcosa di sacro: è nel silenzio che si ammira l’arte; è nel silenzio che lo spettatore entra in connessione con l’artista.
Patrizia Zangla scrive “E se il bello non è riconosciuto?”, un esaustivo e interessante saggio che, con uno sguardo multidisciplinare che coinvolge filosofia morale, filosofia politica e semantica, offre uno spaccato lucido e critico che, dal concetto di bellezza, si sofferma sulla verità e sulla libertà.
Katia Trifirò in “Donne e creatività. Canoni, margini, spazi di resistenza al silenzio” attraverso le testimonianze, la ricerca artistica e l’impegno di Franca Rame, Eleonora Duse e Titina di Filippo, racconta la storia di tre grandissime donne e artiste che si sono distinte in ambito teatrale per il loro genio creativo, cambiando, per sempre, il modo di stare in scena, di interpretare i personaggi e di costruire la scrittura.
“Les Enfants Du Paradis” di Andrea Volo, è un’incisione di 48×35 cm dedicata al Museo Epicentro, dal gusto squisitamente figurativo, che si sofferma sul concetto di arte, che può essere silente ma mai muta.
“Mutu” è l’opera di Filippo Scimeca, realizzata con tecnica mista su carta, misura 17,5×24 cm e, come un vortice, con colori accesi e sgargianti, esprime un grido di libertà.
Urlo di libertà è anche quello espresso nell’opera di Enzo Sciavolino, intitolata “Mutu”. Un acrilico e inchiostro su carta di 40×40 cm. Sulla sinistra due mani, una bianca e una nera, in alto una colomba vola libera, a destra una donna esprime i suoi sentimenti e sembra ascoltarla mentre dice fieramente “Muta no!”.
Il disegno a penna su carta, di cm 28×35, di Salvatore De Pasquale, si intitola in maniera evocativa Mutu!!. L’artista, con tratti delicati e precisi, raffigura una donna dagli occhi fortemente introspettivi che chiede di fare silenzio.
“Muta no!” di Felicia Lo Cicero alterna prosa, versi dialoghi, descrizioni. Un testo liberamente ispirato a L’Unico e la sua proprietà di Max Stirner che, con ritmo incalzante e parole dalla forte valenza simbolica, racconta e si sofferma sull’importanza assoluta della libertà di parola.
“Io non sto mutu” ci dice Paolo Puglia, richiamando alla memoria come chi ama la libertà, chi soffre per le ingiustizie, chi lotta ed è un uomo libero, non può stare mutu.
Giuseppina Riggi con “Donna parlante”, una tecnica mista su tavola di 30×30 cm raffigura la libertà della donna: una donna fiera, forte e libera.
“Diavolo e Angelo” di Giuliano Collina è un disegno a matita su carta di cm 37×30, che si sofferma sulle sfaccettature e i perimetri sottili tra male e bene.
Fotografia digitale audace e dai colori potenti è “Mutu. Mutu mi ficiru” di Elsa Mezzano. Stampata su tela Canvas, misura 40×40 cm e mostra un volto, rosso sgargiante, a cui è stata tolta la parola, dal momento che ha le labbra cucite con lo spago.
Antonio Francesco Cilona crea “Senza titolo”, una stampa all’alogenuro d’argento su supporto baritato di cm 18×24. La campitura nera, monocroma, vuole essere una denuncia tangibile e diretta alla società contemporanea, che spesso nega la libertà e la voce.
“Renovatio artis et resurrectio moralis” di Alessandro Pediti, riflette sull’arte e sull’artista creatore. L’arte, infatti, non ha il solo fine estetico ma disvela l’essere e trascende l’empirica conoscenza del mondo in una sensibilità più vasta. In questa narrazione che vuole essere un Diario per il Museo, l’artista inserisce anche il manoscritto, dedicato a Nino Abbate, firmato e datato, che si configura come una testimonianza tangibile di vicinanza e un modo per creare “Poesie e scarabocchi in libertà”.
“Nudi di donna” di Valeria Sangiorgi, fotografia in bianco e nero di cm 30×30, si interroga sul tema del silenzio e dell’importanza della parola, mostrando la figura di una donna che, con una mano vicino la bocca, cerca di non parlare.
Marco Nereo Rotelli partecipa a Mutu con una stampa digitale in forex di cm 40×40, dal titolo provocatorio “To be or mutu”. L’opera presenta colori accesi, come il blu e il rosso, in cui si diramo lettere calligrafiche di colore bianco e giallo.
Filippo Panseca con “Angel 1”, digital print di cm 30×30, mostra l’immagine simbolica di un volo ad ali spiegate che, dal fuoco, raggiunge la libertà.
“Senza titolo” di Gruppo Sinestetico è una fotografia di cm 30×29,5 in bianco e nero. La ricerca artistica si sofferma sul valore della libertà dell’uomo.
Giuditta R, artista premiata dal Museo Epicentro nella rassegna “Premio Trinacria Circolare”, dedicato a personalità che si sono distinte in campo culturale, partecipa a Mutu con “The Cave II”, un’opera di cm 70×50, realizzata a matite (grafite) e tecnica mista su cartoncino. L’artista presenta una scena volutamente disturbante in cui si nota, in una stanza spoglia e cupa, la figura di una ragazzina, legata. Dalla forte simbologica onirica, quasi fosse un’illustrazione di una favola nera, l’opera ci invita a esplorare i lati più oscuri della nostra mente.
Sebastiano Favitta, in onore di Nino Abbate e la rassegna da lui ideata, presenta “Nino, u mutu, Mutu!”, un’installazione composta da collage su tela di cm 30×30. Giocando goliardicamente sulla parola “mutu”, e sul significato che essa assume in lingua siciliana, mostra, al centro, un imbuto.
“Mutu” di Michela Fragale è un acquerello su carta Fabriano di cm 18×24 dai colori brillanti. Vortici, cerchi, spirali, si sovrappongono per creare un’opera dove non ci sono confini e perimetri netti: un’esplosione viva… viva come la libertà.
Chiudiamo ricordando che gli eventi e gli incontri culturali di questa estate 2024 proseguiranno al Museo Epicentro con la consegna del “Premio Trinacria Circolare, e Impronta d’Autore” all’artista di origine messinese Giuditta R, domenica 28 luglio prossimo. Giuditta R vive a Berlino, affermatasi sulla scena internazionale dell’arte contemporanea, realizza opere che trattano temi sociali. Epicentro è orgoglioso di assegnare il Premio a Giuditta R per il suo messaggio sociale che porta in giro per il mondo. Il 10 agosto poi in programma l’attesissima Cerimonia di Premiazione del Concorso Internazionale di Poesia Circolare.