In chiave inaspettatamente speculativa, sono state messe a confronto, ieri sera, all’Auditorium di Pace del Mela, le diversità culturali dei Paesi a Nord e a Sud dell’Europa, con punte di grande intensità emotiva e risvolti di profonda riflessione, per il ruolo genitoriale e addirittura sul senso della vita.
Stiamo parlando della piacevolissima commedia “Lapponia”, che, voluta dal direttore artistico Antonio Grosso, ha concluso il suo tour di grande successo, iniziato a novembre, davanti ad un pubblico delle grandi occasioni.
Scritta da Marc Angelet e Cristina Clemente e diretta da Ferdinando Ceriani, la trama si è sviluppata attorno all’eterno fascino della figura di Babbo Natale, causa, anche in questo caso, dell’esitazione tra il dolce abbandono alla sua gioiosa magia e l’interrogarsi sul suo intrigante mistero.
Tutto nasce dalla domanda se Babbo Natale esiste, sulla quale si scontrano grottescamente due diverse culture, in parallelo, con dialoghi sul palco e fuori scena.
I romani Monica (Miriam Mesturino), Fabio (Sergio Muniz) e il loro figlio Giuliano sono andati in Lapponia per trascorrere le vacanze di Natale.
Ospiti a casa della sorella di Monica, Silvia (Cristina Chinaglia), dove vive con il suo compagno finlandese Olavi (Sebastiano Gavasso) e la loro figlia di quattro anni Aina, che vuole convincere il cuginetto di cinque che Babbo Natale non esiste.
Due distinti approcci, anche nel modo di far conoscere della morte del nonno, che, nella finzione dello spettacolo, si sono risolti in un dualismo, simile a quello fantasia-realtà e fede-scienza, generato dagli interrogativi sulla vita, ai quali lo spettatore è stato portato a riflettere con leggerezza.
Intensità ben nota al direttore artistico Grasso, ringraziato per l’ospitalità dalla Mesturino, quando ha voluto “Lapponia” nel cartellone 2024/2025, sicuro dell’apprezzamento del pubblico dell’Auditorium, che conosce come esigente e di buongusto.
Con intervalli di vere battute in filandese, lingua davvero parlata da Gavasso, gli attori si chiedevano, ed il pubblico con loro, se le bugie dei genitori sono un inganno o un insegnamento a sognare; e se per vivere meglio sia più utile la fantasia o la verità.
Ma che cos’è la verità? È davvero – come è stato recitato – solo un modo di interpretare la vita? E se così fosse, quante verità esistono?
E soprattutto, ai figli bisogna sempre dire la verità o a volte si possono raccontare bugie, per dare loro realtà più confortanti o evitare di svelare il trucco prima che gioiscano della sorpresa della magia?
Le “vere” risposte andando a vedere lo spettacolo.
Qui possiamo riportare solo il risultato dello scherzoso sondaggio svolto in chiusura dal palco, dopo i ringraziamenti all’Amministrazione comunale di Pace del Mela e al direttore artistico, che ha visto lo stesso pubblico contraddittoriamente alzare la mano per dirsi sia a favore della bugia sia della verità, facendo andare la mente – e in questo caso ci sta proprio – ad Hegel e al suo pensiero “contradictio est regula veri, non contradictio falsi”.
I prossimi appuntamenti all’Auditorium saranno il 14 marzo con “La foto del turista” (Vincenzo Volo e Giovanna Criscuolo) e l’11 aprile con “Non è vero ma ci credo” (Enzo De Caro).