“Stiamo indagando su diversi processi giunti al terzo grado di giudizio, le cui sentenze inerenti al posizionamento dei guardrail a lato delle strade sono andate ad escludere delle responsabilità delle vittime della strada”. È la nuova linea ufficiale che intendono seguire l’Associazione Unitaria Familiari e Vittime della Strada Odv e l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Odv, presiedute da Alberto Pallotti e vice presiedute da Biagio Ciaramella.
Un tema al centro di interesse, sono le alberate costeggianti le strade. In particolare, una sentenza recita “3.- Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 892, 1227, 2043 e 2051 c.c.; D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 3, e art. 16, comma 1, n. 3, cit.; D.P.R. n. 495 del 1992, art. 26, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia escluso ogni concorso di colpa a carico del danneggiato, derivante dal fatto che gli alberi siti sul terreno dello stesso non sarebbero stati a distanza regolamentare dal confine. 3.1.- Il motivo è manifestamente infondato, se non anche inammissibile”. Su questo tema si è espressa la famiglia Ciaramella: “E’ una sentenza che non fa altro che confermare una concausa della morte di mio figlio, Luigi. Abbiamo combattuto per proteggere il palo per ben 16 anni, ma la svolta è arrivata solo quando abbiamo contattato il provveditorato di Napoli, formalizzando una richiesta di controllo sul palo, al fine di constatarne la pericolosità. Tale ente ha inviato una richiesta alla Provincia di Caserta, come da documenti in mio possesso ed in possesso della Giudice, e lo scorso dicembre è stata finalmente posta in essere la protezione del palo. Come famiglia Ciaramella, ci sentiamo soddisfatti del fatto che la nostra battaglia non è mai rientrata veramente in ambito civile, ma penale – affermano papà Biagio e mamma Elena -. Quanto abbiamo fatto potrebbe, in futuro, salvare la vita a tanti utenti della strada. Attendiamo il giudizio del giudice, consapevoli che non avremo mai giustizia poiché sono trascorsi quasi 16 anni ed il processo si potrebbe fermare, essendo ancora al primo grado”.
Inoltre, lo studio degli avvocati, degli architetti e dei periti convenzionati con le associazioni si basa su una serie di Ordinanze e Sentenze della Cassazione sui temi della responsabilità dell’incidente stradale, uso dei guardrail, diligenza nella sorveglianza della strada, manutenzione delle banchine e spazi stradali, obbligo di garantire la sicurezza su strade preesistenti al 1992, Danni da cose in custodia ex C.C. 2051, responsabilità per assenza del guardrail. In particolare – si riporta il testo integrale – “il guard rail è obbligatorio sulle zone da proteggere anche alle strade costruite prima del 1992: Cassazione Civile Sezione III 05 maggio 2017 n. 10916. L’art. 2 d.m. 223/92 impone un allegato progettuale riguardante i tipi delle barriere di sicurezza da adottare, ma quando e in che modo le strade debbano essere protette da barriere laterali non è stabilito dal suddetto art. 2. Il fatto. Il proprietario di un veicolo convenne in giudizio l’ente proprietario della strada perché il suo veicolo sbandò, invase l’opposta corsia di marcia e, non trattenuto dalla barriera laterale, precipitò nella scarpata sottostante. Il Tribunale accolse la domanda integralmente, mentre la Corte di appello la ridusse del 50%. Entrambe le parti ricorrevano in Cassazione, ove l’ente allegava che l’obbligo di barriere laterali sussiste, ai sensi del d.m. 18 febbraio 1992 n. 223, per le sole strade la cui velocità di progetto sia maggior di 70 km/h, mentre la SP213, dove avvenne il sinistro, aveva una velocità di progetto inferiore a 40 km/h. La decisione. Il Supremo Collegio, preliminarmente, ha rilevato che l’ente deve provare nei termini di rito “la velocità di progetto della strada nel punto del sinistro, e come e quando tale prova sia entrata nel processo”. In secondo luogo, ha affermato che non è esatto che le regole dettate dal d.m. si applichino solo alle strade con velocità di progetto superiore a 70 km/h. Per tali strade l’art. 2 d.m. 223/92 impone l’allegazione, al progetto esecutivo, di un allegato progettuale riguardante i tipi delle barriere di sicurezza da adottare; “ma quando e in che modo le strade debbano essere protette da barriere laterali non è stabilito dal suddetto art. 2”, sebbene dalle “Istruzioni tecniche” allegate al decreto, più volte aggiornate (da ultimo, col d.m. 21 giugno 2004). L’art. 2 delle istruzioni allegate al suddetto d.m. 223/92 stabiliva – senza distinzioni tra tipologie di strade – che le barriere di sicurezza stradale e gli altri dispositivi di ritenuta fossero posti in opera “essenzialmente al fine di realizzare per gli utenti della strada (…) accettabili condizioni di sicurezza”. Il successivo art. 3, comma 1, primo alinea, soggiungeva che le barriere laterali dovessero proteggere “almeno margini (…) di ponti, viadotti, ponticelli, sovrappassi e muri di sostegno della carreggiata, indipendentemente dalla loro estensione longitudinale e dall’altezza dal piano di campagna”. In terzo luogo, la colpa della pubblica amministrazione può consistere sia nella violazione di norme prescrittive (colpa specifica), sia nella violazione delle regole di comune prudenza (colpa generica). Il formale rispetto delle prime non vale, dunque, ad escludere di per sé la possibilità della sussistenza d’una colpa generica della p.a.. Pertanto la circostanza che per una determinata strada il d.m. 223/92 non imponga in astratto l’adozione di misure di sicurezza, non esime la p.a. dal valutare in concreto sempre e comunque, ai sensi dell’art. 14 cod. strad., se quella strada possa costituire un rischio per la sicurezza degli utenti. Si consideri, ad esempio, che il citato d.m. 223/92 si applica unicamente alle strade di nuova costruzione, ma sarebbe assurdo, secondo la Corte, trarre da ciò la conseguenza che per le strade preesistenti la p.a. possa tranquillamente disinteressarsi della sicurezza degli utenti”.