I Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, stamane in Messina e Castell’Umberto (ME), nell’ambito delle indagini svolte in merito alla compravendita di un minore che, si ricorderà, lo scorso 24 febbraio hanno già portato al fermo di 8 persone ed all’affidamento ad una struttura protetta di un minore di nazionalità rumena, hanno eseguito l’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale (dottoressa Maria Militello), con la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti di tre persone e l’obbligo di dimora nel comune di residenza per altri 7 soggetti:
1. CONTI NIBALI Calogero, nato a Castell’Umberto (ME) il 02.01.1958, arresti domiciliari, ritenuto responsabile in concorso dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale, falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici, supposizione di stato di un fanciullo e violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso;
2. CONTI NIBALI Lorella Maria, nata a Lugano(Svizzera) il 21.07.1967,arresti domiciliari, ritenuta responsabilein concorso dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale, falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici, supposizione di stato di un fanciullo e violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso;
3. CAPILLO Bianca, nata a Messina l’11.1.1959, arresti domiciliari, ritenuta responsabile in concorso dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale, falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici, supposizione di stato di un fanciullo e millantato credito;
4. GALATI RANDO Aldo, nato a Tortorici (ME) il 02.08.1961, obbligo di dimora, ritenuto responsabile in concorso del reato di violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso;
5. GENOVESE Silvana, nata a Messina il21.12.1966, obbligo di dimora, ritenuta responsabile in concorso del reato di violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso;
6. NIBALI Vincenzo, nato a Patti il 24.02.1968, obbligo di dimora, ritenuto responsabile, in concorso, del reato di violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso;
7. LUCA’ Maurizio, nato a Messina il 18.10.1971, obbligo di dimora, ritenuto responsabile, in concorso, dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici;
8. SPARACINO Pietro, nato a Messina il 20.11.1965, obbligo di dimora, ritenuto responsabile, in concorso dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici;
9. RUSSO Sebastiano, nato a Cardeto (RC) il 26.08.1974, obbligo di dimora, ritenuto responsabile in concorso dei reati di riduzione in schiavitù, reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale e falsità materiale commessa da P.U. in atti pubblici;
10. Il 10 soggetto risulta irreperibile.
Le indagini, dirette dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia (Pubblici Ministeri Maria Esmeralda Pellegrino e Liliana Todaro) e condotte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Messina, hanno svelato come i coniugi CONTI NIBALI Calogero e Lorella Maria, al fine di appagare il loro desiderio di genitorialità, dopo la nascita di una figlia affetta da gravi disabilità ed una serie di aborti, sin dal 2008 si fossero rivolti a più soggetti senza scrupoli, che – in cambio di cospicui esborsi di denaro contante – avrebbero dovuto reperire e consegnare loro un bambino maschio, al quale sarebberostate attribuite le generalità di CONTI NIBALI Carmelo Luca, un fantomatico figlio maschio del quale nel gennaio del 2008, CONTI NIBALI Lorella Maria con la complicità di CAPILLO Bianca, aveva fatto figurare la nascita, in realtàinesistente, mediante false certificazioni e false dichiarazioni all’ufficiale dello Stato Civile del comune di Castell’Umberto.
Nel mese di novembre dello scorso anno, i Carabinieri del Nucleo Investigativo, indagando sul conto di LUCA’ Maurizio, in quel periodo sottoposto alla semi libertà, scoprirono che CAPILLO Bianca, attraverso SPARACINO Pietro, si era rivolta a LUCA’ Maurizio ed a RUSSO Sebastiano che con la complicità di CIAMPI Ugo, avevano reperito un minore italiano che, unitamente alla propria madre ed a fronte di un anticipo di 30.000 euro, si era trasferito a Castell’Umberto presso l’abitazione dei coniugi CONTI NIBALI. Dopo qualche giorno, tuttavia, la madre del bambino – forse in preda al rimorso – aveva deciso di allontanarsi con il figlio da Castell’Umberto e rientrare a Messina, proprio mentre gli aspiranti genitori si erano recati in Svizzera, dove mantengono la residenza, per prelevare il denaro contante necessario a concludere la compra vendita. Questi ultimi, rientrati nel paese natio, hanno trovato la casa vuota e si sono attivati per recuperare il denaro già consegnato alla madre del bambino ed a RUSSO Sebastiano. Per fare ciò si rivolgevanoal cognato NIBALI Vincenzo che li metteva in contatto con GALATI RANDO Aldo, noto pregiudicato nebroideo già condannato per associazione mafiosa, che in alcune trasferte a Messina ha incontrato la CAPILLO e LUCA’ Maurizio per perorare la causa dei coniugi e pretendere che le stesse persone che avevano “procurato” il bambino, rintracciassero la madre e RUSSO Sebastiano e li costringessero a restituire il denaro ricevuto come anticipo.
È a questo punto che fanno il loro ingresso in scena GENOVESE Silvana e VILLARI Placido che con modalità mafiose hanno costrettoCAPILLO Bianca e SPARACINO Pietro e rivelare loro informazioni e notizie che hanno utilizzato per cercare di rintracciare la madre del bambino e RUSSO Sebastiano.
A complicare la situazione, contribuiva l’improvvida iniziativa dei coniugi CONTI NIBALI che nei giorni in cui il bambino aveva soggiornato a Castell’Umberto, avevano ottenuto il rilascio dal comune di Castell’Umberto di una carta di identità riportante l’effigie del minore che stavano per acquistare e le generalità del fantomatico figlio, Carmelo Luca.
Per tentare di risolvere questa situazione, che con il passare dei giorni si andava complicando sempre di più, i CONTI NIBALI hanno persino pensato di simulare la morte per malattia del mai esistito Carmelo Luca, il funerale e la conseguente cremazione. Per tradurre in pratica tale squallido disegno, si sono rivolti nuovamente a CAPILLO Bianca che, a fronte di un ulteriore esborso di denaro, millantando la conoscenza di alcuni medici compiacenti, avrebbe dovuto procurare le certificazioni mediche necessarie ad attestare il decesso per malattia del fantomatico bambino ed avrebbe dovuto provvedere alla messa in scena del funerale, con tanto di funzione religiosa, corteo funebre e cremazione della salma.
questicorrispondessero anche atti concreti, la speranza di poter avere un figlio maschio non abbandonava i coniugi che contemporaneamente all’organizzazione del finto funerale, hanno consegnato a GALATI RANDO Franco30.000 euro incaricandoloin Romania nuovo bambino. GALATI RANDO Franco, sfruttando i suoi contatti in quel paese e la miseria di una numerosa ed indigente famiglia rumena, è riuscito in effetti a procurarsi un bambino convincendo i familiari a venderlo e corrompendo alcuni funzionari rumeni affinché venissero rilasciati i documenti che avrebbero permesso al bambino di attraversare le frontiere.
È a questo punto che gli inquirenti hanno deciso di intervenire per evitare che il minore rumeno venisse consegnato ai CONTI NIBALI che, una volta ottenuto il bambino,avevano pianificato di fare rientro immediatamente in Svizzera anche per evitare che alcuni dei parenti allo scuro dei loro illeciti progetti, o altri compaesani,si accorgessero delle evidenti differenze somatiche esistenti tra il primo bambino, quello messinese con la cui fotografia era stata emessa la carta di identità, ed il nuovo bambino di nazionalità rumena.
Così la sera del 24 febbraio 2015, nel momento in cui sbarcava a Messina la comitiva composta da GALATI RANDO Franco,CALIANNO Vito, cittadino italiano di origine pugliese trasferitosi da anni in Romania, dall’oggetto della compravendita cioè un bambino di 8anni, da RADULESCU Julieta e da RADULESCU Ionel Robert, rispettivamente madre e fratello maggiorenne del piccolo, i Carabinieri sono intervenuti accompagnando il minore in una struttura protetta e sottoponendo a fermo di indiziato di delitto sia i membri del gruppo che, a Castell’Umberto, i coniugi CONTI NIBALI, NIBALI Vincenzo e GALATI RANDO Aldo.
Il reato contestato agli indagati coinvolti nella compravendita del minore rumeno, era quello di riduzione in schiavitù del bambino che era stato mercificato alla stessa stregua di una cosa.
Per maggiore chiarezza, deve precisarsi che il provvedimento di fermo, adottato dagli inquirenti in via d’urgenza proprio per impedireche il minore straniero venisse venduto e fatto espatriare in Svizzera, ha riguardato unicamente gli indagati coinvolti nella compravendita del bambino rumeno e non anche coloro che avevano concorso nel reperimento e nella consegna del precedente bambino, quello messinese allontanatosi con la propria madre dopo qualche giorno trascorso a casa dei CONTI NIBALI.
Il Giudice delle Indagini Preliminari di:
– Messina, il 27.02.2015, pronunziandosi sui fermi eseguiti nel capoluogo, convalidava il fermo del P.M. e disponevala custodia cautelare in carcere di GALATI RANDO Franco, CALIANNO Vito, RADULESCU Julieta e RADULESCU Ionel Robert. In quella sede il G.I.P. ha ritenuto di riqualificare le imputazioni formulate dall’Ufficio di Procura da riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) in acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.);
– Patti, in data 28.02.2015, pronunziandosi sui fermi eseguiti a Castell’Umberto, convalidava i fermi del P.M. e disponeva la custodia cautelare in carcere di CONTI NIBALI Calogero, GALATI RANDO Aldo e NIBALI Vincenzo, e la custodia cautelare agli arresti domiciliari di CONTI NIBALI Lorella Maria.
Gli indagati, quindi, hanno proposto a mezzo dei loro legali ricorso al Tribunale del Riesame che il 16 marzo ha disposto la scarcerazione di RADULESCU Ionel Robert, fratello maggiore del bambino ceduto, perché ritenuto estraneo alla vicenda ed il 23 aprile 2015 si è pronunciato riqualificandoi fatti contestatinel reato tentato di false attestazioni a Pubblico Ufficiale sulla identità personale (artt. 110, 56, 495 c.p.) ed ha applicato ad alcuni indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari mentre ad altri quella dell’obbligo di dimora.
Avverso tale ultima decisone, la Procura della Repubblica di Messinaha promossoun ricorso in Cassazione che è tuttora pendente.
L’odierno provvedimento cautelare, pertanto, ha raggiunto gli autori di condotte che si differenziano nettamente, dal punto di vista oggettivo ed in parte anche soggettivo, da quelle esaminate con riferimento alla compravendita del minore rumeno.
In particolare, è emersa l’esistenza di un disegno criminale molto articolato, ben strutturato nato nel 2008 con una serie di false attestazioni e certificazioni, tutte tese a far figurare una nascita inesistente nei registri dello stato civile del comune di Castell’Umberto, e sviluppatosi negli anni a seguire con una serie ininterrotta di tentativi di compravendita di bambini, per i quali i coniugi avrebbero complessivamente speso oltre 150.000 euro.
Le investigazioni hanno messo in luce l’estrema propensione dei soggetti coinvolti a commettere reati di qualsiasi tipo pur di ottenere lo scopo illecito prefissato e di accaparrarsi il denaro che i coniugi erano disposti a pagare.
Di fronte alle difficoltà rappresentate, ad esempio, dal ripensamento della madre che si era ripresa il figlio ed aveva fatto perdere le proprie tracce, gli indagati non hanno esitato a rivolgersi a persone che sapevano essere contigui alla criminalità organizzata locale, le quali, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenenza all’associazione mafiosa ed evocando rapporti con noti pregiudicati, hanno costretto, forse sotto la minaccia di armi, CAPILLO Bianca e SPARACINO Pietro a rivelare le informazioni necessarie a rintracciare la donna.
Allarmante, inoltre, è apparsa la spregiudicata capacità criminale a vario titolo dimostrata dagli indagati:
− nell’indurre in errore l’Ufficiale di Stato Civile del comune di Castell’Umberto, fornendo false indicazioni sull’identità personale del minore messinese del quale stavano concludendo l’acquisto, ottenendo in tal modo una carta di identità nella quale le generalità del figlio mai nato figurano abbinate alla fotografia del minore oggetto della compravendita;
− nel reperire a nome dell’inesistente CONTI NIBALI Carmelo Luca la falsa documentazione sanitaria utilizzata per giustificare alle Autorità elvetiche, la sua mancata presentazione alle frequenza delle scuole dell’obbligo;
− nell’invocare la protezione e l’appoggio di elementi appartenenti alla criminalità mafiosa nebroidea e messinese.